V’è un profondo senso di smarrimento nella dimensione umana che, sempre più spesso, porta il pensiero a riflettere sulla sua condizione ed a posare lo sguardo, invece, sull’infinito universo del mondo animale. Tuttavia, tale osservazione, non è certo una novità dei nostri tempi, tanto che esso prende origine dalla mitologia classica e precedente, sino ad entrare appieno nelle arti, da quelle figurative — a partire, ex post, dai grafhti preistorici — alla letteratura, man mano caricandosi di nuova e sempre valida significazione.
Lo sa bene l’artista di Brescia, Dario Romano, che torna a Bologna in occasione della XXI Collettiva Internazionale di Pittura, Scultura e Fotografia del progetto Arte a Palazzo ideato dalla Galleria Farini Concept.
Bologna, la città di Ulisse Aldrovandi, che fu naturalista del Cinquecento, scienziato di matrice aristotelica seppur guidato da una profonda curiosità, convinto del fatto che la spiegazione dei fenomeni mondani fosse da ricercare nella natura, in un suo “grande libro” e non nei classici o nelle Scritture. Da ogni dove giungevano esemplari dei nuovi mondi esotici, vegerali ed animali, ad arricchire la sua straordinaria collezione, oggi appartenente all’Università bolognese e conservata nelle sale del Museo di Palazzo Poggi, a poche centinaia di metri da Palazzo Fantuzzi, sede della Farini Concept, ove le opere di Dario Romano campeggiano tra antiche volte e capitelli rinascimentali.
….222? Sarà come dite… sono gli inusuali titoli che il Romano ha dato ai suoi due dipinti, realizzati nel 2017 e che, raffiguranti uno scimpanzé con un topo, il primo, ed un leopardo il secondo, rimandano a terre lontane, al continente africano, ristabilendo una sorta di cert’ordine in quella che era stato lo spazio in cui l’Aldrovandi studiava, incessantemente. Titoli inusuali, dicevo, perché il primo è una sorta di traslazione per segni di interpunzione di un uno sbigottito senso di domanda ed esclamazione; l’altro, una frase buttata lì con un senso di ironica compiacenza, destinata non tanto al pubblico fruitore, quanto all’uomo di oggi.
Come sotrolineavo qualche mese fa, Romano, ha portato, sì, l’amore per l’Africa in pittura, ma a suo modo. Da un punto di vista pittorico, ha scardinato il linguaggio con cui l’area sub sahariana è sempre stata descritta, operando secondo la strada del togliere invece che dell’aggiungere; infatti, alla straordinaria mimesis che appartiene alla raffigurazione degli animali, protagonisti, ancora una volta, fa da contraltare l’immensa sparizione dello spazio da essi abitato. E in cal modo che il pittore esce dal mondo della mera descriptio oggettiva per entrare in una dimensione metaforica, narrativa e non didascalica che, nel solco dell’ironia e del sarcasmo semantico, giunge.agli occhi ed alla mente dell’osservante il quale dovrà andar oltre ciò che conosce, che immagina o ricorda, per dar luogo ad un nuovo e interessante atto dialogico, complesso e sorprendente.
La ricerca di una essenza che fosse speculativa = ponendo Dario Romano su un piano uguale ed opposto, ossimoricamente, a quello di Ulisse Aldrovandi — dirige questi dipinti, che finiscono per risolversi in veri e propri ritratti, verso un surrealismo in cui vuoti e pieni giocano ad apparire e sparire, in una pacata corsa che è paradosso di quell’assurdo rapporto tra Occidente e Sud del Mondo.
La narrazione portata avanti da Dario Romano, la sua smise en scène, la magistrale resa pittorica, confluiscono, tuttavia in una sfera che si lega alla dimensione del perturbante e di quell’ironia sottile. fatta di rimandi intellettuali, volta a dar avvio ad un più ampio universo di dubbi, domande che, fuori dalla tela, fuori dall’esposizione, possa permettere allo
spettatore di porsi interrogativi, di interpellare sé stesso e il modo in cui il rapporto con il proprio tempo storico assume sfumature risibili persino dagli animali della savana.
Il presente catalogo è stato realizzato dallo staff della Galleria Farini Concept.
Contributo fondamentale quello della titolare Grazia Galdenzi e del direttore artistico Roberto Dudine che, oltre ad aver ideato e curato il progetto Arte a Palazzo, hanno personalmente invitato e scelto gli
artisti e le opere perla mostra ed il catalogo.
Monica Bontempi, preziosa assistenza diretta in galleria e traduzioni Azzurra Immediato, testi critici Anna Balova, grafica
Si ringrazia l’aiuto delle stagiste che coadiuvano il lavoro quotidiano per la realizzazione degli eventi.
La Galleria Farini Concept, inoltre, ringrazia il Magnifico Rettore dell’Università di Urbino, Prot. Vilberto Stocchi che, con atto di antico mecenatismo urbinate, ha chiesto alla Biblioteca di Storia dell’Arte ed Estetica dell’Ateneo di raccogliere e collezionare nel proprio archivio tutti i testi critici e i volumi editi dalla Galleria Farini.
Galleria Farini Concept (Bologna – Febbraio 2018)