2017
Critica di Prof.ssa Nicoletta Senco
Docente ed esperta d’arte
Il segno-significante di Dario Romano
“La pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente,
ciò che dice a se stesso riguardo a ciò che ha visto.”
Pablo Picasso
Questa definizione calzante, racconta in maniera precisa ciò che con la sua arte intende “dire” Dario Romano. Fedele a se stesso ed alla sua impeccabile formazione, nella perizia tecnica e nel dettaglio grafico, ma al contempo eclettico nel sentimento cromatico. Coglie dalle immagini ciò che è affine,
cercando di armonizzarlo in una sintesi personale ed emotiva. Nulla è lasciato al caso. I tocchi di colore sono evocativi, richiamano e al
contempo ripudiano una realtà osservata non solo con gli occhi, ma in special modo con testa, cuore, stomaco.
Dario sceglie la realtà, non il realismo. Sceglie gli animali perché ama metterli davanti ai nostri occhi, nella loro nuda semplicità.
Per ciò che sono o meglio per ciò che noi crediamo siano. E invece stravolge il tutto raccontando una storia diversa. Lasciando l’osservatore a mettere i propri tasselli nel dipinto. Lasciando che sia chi guarda, a cogliere nuovi aspetti e soprattutto nuovi concetti, di questa realtà analizzata. In maniera impeccabile.
La sua è necessità di dare una visione distorta del reale, dove il paesaggio manca, è un protagonista terribilmente assente. Ma si riversa astrattamente sulla figura mattatrice della tela, l’animale, che popola quello spazio, quel paesaggio. Così mancante eppure così presente.
Ed entra in scena il grande amore per l’Africa, attraverso i suoi protagonisti, attraverso i colori negati. Negati..Si.
Perché Dario Romano, suggerisce con campiture isolate, di colori caldi e contrastanti, il reale.
Ed il colore diventa così essenziale, raro, maniacalmente scelto e steso, con campiture ampie ed intense,
quasi scultoree.
E alla mia mente sovviene il parallelo azzardato, ma efficacissimo, che l’artista seguendo quasi idealmente i concetti di significante e significato, enunciati in linguistica da Saussurre, li reinterpreti in chiave pittorica.
Il significante, indica il piano dell’espressione correlato al significato, all’interno di un segno. Il significante è la forma, che rinvia a un contenuto. L’unione di forma e contenuto, la relazione fra significante e significato, definisce il segno. Il significante, è la parte fisicamente percepibile del segno linguistico, ma oserei dire in questo caso, artistico. L’insieme degli elementi grafici, che vengono associati ad un significato, il quale è invece un concetto puramente mentale, che rimanda all’oggetto, a ciò di cui si parla. E proprio
così io avverto l’arte di Dario Romano.
Descrivere ciò che i nostri occhi vedono, ma proiettando in quel segno migliaia di significati, liberi e personali, che ciascuno di noi
sensibilmente coglie. Prendere a piene mani dall’immagine, un senso diverso della realtà. Trasporre noi stessi nell’immagine e vedere in quei riflessi d’acqua, la natura che dà forza all’animale ed al contempo l’animale che trasferisce nella natura la sua forza.
Perché, come amava ricordare, e praticare Cezanne: “Dipingere non è copiare servilmente il dato oggettivo, è cogliere un’armonia fra rapporti molteplici e trasporli in una propria gamma, sviluppandoli secondo una logica nuova e originale.”